 
La professione infermieristica e la sua agonia tornano periodicamente sotto le luci della ribalta: aggressioni, mancanza di personale, test disertati, istituzione di figure ibride ed ambigue che lasciano pensare che la toppa sia sempre peggio del buco.
Non si è fatto attendere l’intervento delle Istituzioni, che, pur considerando l’assoluta buona fede e speranza, sembrano mancare il punto della questione. Un organo di rappresentanza non può apparire così lontano dalla realtà, lanciando timidi moniti che non soddisfano il bisogno di risposte e cambiamento di tutti gli infermieri italiani: è bellissimo che si spinga affinché vengano istituite e riconosciute nuove competenze avanzate tramite percorsi di studio strutturati, ma l’aspetto economico? Perché non diciamo a gran voce, senza mezzi termini, sconti o edulcorazioni varie, che la professione infermieristica non è attrattiva perché, banalmente e semplicemente, non garantisce uno stipendio commisurato a rischi, responsabilità, studio oltre ad essere lo specchio della scarsa considerazione che riceviamo quotidianamente?
Per quanto ancora i nostri organi competenti vorranno nascondersi dietro ad un dito, credendo (o volendo credere) che i problemi professionali esulino dall’aspetto puramente economico? Un simile comportamento non fa altro che alimentare quel divario già esistente e sempre più percepito e pesante tra Ordine ed iscritti, come se si vivessero situazioni opposte, in due mondi paralleli.
Forse che i ragazzi di oggi, i quali non si approcciano più al test di infermieristica e non lo considerano neanche minimamente appetibile o interessante come percorso, hanno capito che altre strade meno complesse, meno pericolose, meno sacrificanti e frustranti, possono garantire soddisfazioni personali, professionali ed economiche certamente migliori?
